(fonti:
http://www.facebook.com/home.php?sk=group_189420244444291 e https://www.facebook.com/home.php?sk=group_187927171256020&ap=1)
Ci sono cose che vanno oltre il comune senso della decenza; talmente oltre da essere, paradossalmente, quasi impercettibili. Si parla molto, da qualche anno, spesso a sproposito, molto più spesso a ragione,di precariato, di mancanza di certezze, di assenza di prospettive per i giovani; di stipendi da fame, di quarta settimana a rischio che sempre più spesso diventa la terza. Si parla di una buco generazionale del quale in un futuro prossimo pagheremo il prezzo. Si parla, giustamente, di una congiuntura economica internazionale negativa che, con la potenza distruttiva di uno tsunami, ha messo letteralmente in ginocchio intere economie ed a rischio molte altre, compresa la nostra. L’Italia, si sa, è paese di risparmiatori; forse sarebbe meglio dire “era” un paese di risparmiatori, laddove naturalmente c’era qualcosa da risparmiare. Moneta dopo moneta, sottratta perlopiù ai generi voluttuari; vuoi perché nel dopoguerra di voluttuario c’era ben poco, forse nulla se togliamo il sesso, consumato abbondantemente tra le mura domestiche e non solo (ed i cui effetti si sono manifestati nell’esplosione demografica postbellica). vuoi perché a chi non aveva nulla anche una bicicletta sembrava un sogno, non agognando chissà cosa. Così i nostri nonni prima, ed i nostri genitori dopo, hanno costruito , chi più, chi meno, un futuro da consegnarci. Quando non c’era la possibilità materiale, il dono, straordinario, consisteva nella speranza; la speranza di un futuro migliore, di costruire qualcosa, di crescere, di farsi una famiglia, avere dei figli, per chi lo desiderava. Quella speranza che difficilmente si ritrova nelle espressioni e tantomeno nei pensieri delle nuove generazioni. Del resto che speranza può avere chi vede a rischio il suo lavoro precario in un call center, perché il principale cliente, magari Sky o la Fiat, non rinnova il contratto affidando il servizio ad una società albanese con sede e call center in Albania ? Che speranza può avere chi si vede rifiutata dalla banca la domanda di mutuo perché il suo contratto di lavoro è “a progetto” o “precario” o perché la retribuzione è troppo bassa, e quindi vede sfumare il sogno di comprarsi una casa ? Che speranza può avere chi presenta una domanda di assunzione e si vede sistematicamente superato dal raccomandato di turno, a prescindere dalla preparazione professionale e dalla capacità di questo ? Che speranza può avere chi assiste all’indegna sceneggiata di “parentopoli” ? Che speranza di legalità può avere il giovane che vede qualcuno commettere un grave abuso edilizio subito condonato con un provvedimento “ad hoc” dal genitore sindaco ? Che speranza può avere un giovane che cresce e studia in un paese che si regge sul “gratta e vinci” ? Siccome, però, come recita un vecchio detto popolare, “il peggio non è mai morto”, c’è ben altro. Qualcosa di assolutamente indecente ma alla quale nessuno sembra fare caso. In questo paese dove i giovani, probabilmente, purtroppo, non avranno mai una pensione pur lavorando per una vita intera, c’è una classe di privilegiati che la pensione se la sono garantita con il solo fatto di essere stati “nominati”, dal potente di turno di questo o quel partito, “onorevoli” o “senatori”. Nominati, perché questa oscena legge elettorale, non consente ai cittadini di esprimere una preferenza. Chi siede in parlamento si trova lì perché il “potente” ha deciso che lì sedesse. Per nessun altro motivo o merito se non quello di essere preferito a qualcun altro, magari migliore ma meno gradito dal “potente”. La cosa sembra semplice, ma ha una serie di implicazioni “collaterali”. Occupare quella poltrona non gratifica solo moralmente il “prescelto”, bensì anche, e molto, economicamente. Stipendi di migliaia di euro, indennità varie, rimborsi faraonici ed una serie infinita di agevolazioni e privilegi a dire poco intollerabili; tipo mangiare aragosta a Montecitorio spendendo quello che un operaio dell’Ansaldo spende per un panino. Solo per citarne uno. Siete indignati ? Ebbene reggetevi forte, perché come abbiamo già detto “il peggio non è mai morto”. Questi privilegiati, che in alcuni casi (non molti ma ci sono) rasentano il parassitismo, con la “nomina”, conseguono anche il diritto ad una pensione d’oro, per la quale è sufficiente aver contribuito per la durata di una legislatura, ovvero 5 anni. Con soli 5 anni di contributi (pagati da noi), il privilegiato matura il diritto ad una pensione minima di 3.108,00 euro. Tanto per dare una idea della indegna sproporzione, diciamo che un artigiano che ha lavorato 45 anni prende una pensione di circa 500 euro; abbiamo detto “lavorato” per 45 anni, sia chiaro. Al privilegiato non serve tanto; in questi 5 anni paradossalmente potrebbe aver lavorato anche solo per 5 giorni. E se il governo di turno cadesse e la legislatura durasse meno di 5 anni…? Niente paura, con una Legge “ad hoc”, i privilegiati, in tempi non sospetti, si sono sistemati le cose ben benino. Con un versamento volontario, una integrazione di poche migliaia di euro, si consegue comunque il diritto alla pensione, anche avendo lavorato solo 36 mesi in tutta la vita. Pazzesco ? E cosa dire del fatto che nel parlamento italiano 43 persone hanno occupato un seggio per oltre 30 anni ed oggi incassano una pensione di 9.947 euro al mese ? Cosa dire del fatto che, per esempio, Pietro Ingrao è stato alla Camera per ben 44 anni , con pedissequa pensione di 9.947 euro ? Indignati, ora ? Al momento (dati L’Espresso) sono 1.377 gli ex deputati e 861 gli ex senatori che prendono il vitalizio parlamentare e più di mille le reversibilità pagate a familiari di parlamentari scomparsi. Tutto ciò non ha colore politico, perché “pecunia non olet”. Se ancora non siete indignati, meritate tutto questo.
Fabio Pietrosanti
Nessun commento:
Posta un commento